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Cessazione dell’attività

La cessazione dell’attività per un titolare di partita IVA è un adempimento fiscale obbligatorio che comporta la comunicazione all’Agenzia delle Entrate dell’interruzione dell’esercizio dell’attività d’impresa, professionale o artistica. Tale comunicazione serve a regolare la posizione fiscale del contribuente e ad evitare l’applicazione di sanzioni o la generazione di obblighi fiscali futuri non più pertinenti.

La disciplina della cessazione dell’attività ai fini dell’IVA si trova principalmente nel Testo Unico dell’IVA (D.P.R. n. 633/1972), in particolare:

  • articolo 35, comma 3 e comma 4, che regolano gli obblighi di comunicazione all’Agenzia delle Entrate per inizio, variazione e cessazione dell’attività ai fini IVA;
  • articolo 35, comma 15‑quinquies, introdotto e modificato da successive normative (fra cui il D.L. n.193/2016, convertito con modificazioni nella L. n.225/2016), che prevede la chiusura d’ufficio delle partita IVA inattive.

Dal punto di vista sanzionatorio (D.Lgs. n. 471/1997) le partita IVA devono fare attenzione gli illeciti tributari e le relative sanzioni applicabili, anche in caso di omissioni connesse alle comunicazioni fiscali, sebbene alcune sanzioni siano state modificate o abolite in relazione alla cessazione della stessa.

Il titolare di partita IVA deve presentare la dichiarazione di cessazione entro 30 giorni dalla data di effettiva cessazione dell’attività. Il termine decorre, secondo l’art. 35 del D.P.R. 633/1972, dalla data in cui si concludono le operazioni di liquidazione dell’azienda o dell’attività professionale.

L’invio va effettuato tramite il modello specifico, scelto in base al profilo fiscale del soggetto:

  • Modello AA7/10 (Soggetti diversi da persone fisiche): deve essere compilato indicando i dati anagrafici, il codice attività e la data di cessazione;
  • Modello AA9/12 (Imprese individuali e lavoratori autonomi): richiede informazioni sull’atto costitutivo, sul codice fiscale della società e sul rappresentante legale.

In alcuni casi particolari, come per i soggetti non residenti identificati direttamente ai fini IVA (Imposta sul Valore Aggiunto) in Italia, si utilizza il modello ANR/3 per la cessazione.

La trasmissione avviene in genere in forma telematica tramite i servizi dell’Agenzia (Entratel o Fisconline), oppure tramite un intermediario abilitato.

La cessazione dell’attività ha riflessi su diversi profili fiscali e contabili:

  • Dichiarazioni fiscali finali: il contribuente, anche dopo la cessazione, è tenuto a presentare le dichiarazioni dei redditi e dell’IVA riferite al periodo di imposta in cui è avvenuta la cessazione. Nel caso in cui l’attività sia cessata negli ultimi giorni dell’anno fiscale, possono comunque sorgere obblighi dichiarativi per l’intero anno;
  • Liquidazione dei tributi: vanno regolate tutte le posizioni IVA, IVA a credito o a debito residuo e gli eventuali debiti fiscali;
  • Adempimenti previdenziali e assicurativi: oltre all’Agenzia delle Entrate, è opportuno regolare le posizioni presso l’INPS (chiusura della posizione contributiva) e l’INAIL (Istituto Nazionale Assicurazione Infortuni Lavoro), se applicabile;
  • Comunicazioni ad altri enti: per le imprese individuali e artigiane, la comunicazione alla Camera di Commercio mediante la Comunicazione Unica può essere necessaria per cancellare l’iscrizione nel Registro delle Imprese o nel REA (Repertorio Economico Amministrativo).

Oltre alla dichiarazione volontaria del contribuente, la normativa prevede casi di chiusura d’ufficio della partita IVA. In particolare l’Agenzia delle Entrate può procedere alla chiusura automatica della partita IVA per quei soggetti che non risultano aver esercitato alcuna attività nei tre anni precedenti e non hanno presentato la dichiarazione di cessazione. Questa disciplina si basa sull’art. 35, comma 15‑quinquies del D.P.R. n. 633/1972 e si applica mediante specifici criteri definiti dall’Agenzia (Provvedimento n. 1415522 del 3 dicembre 2019).

È importante notare che, in questi casi, l’Amministrazione fiscale procede attraverso riscontri automatizzati delle dichiarazioni presentate (o non presentate), ma invia preventivamente una comunicazione al contribuente prima della chiusura d’ufficio.

Dal punto di vista economico e gestionale, la cessazione dell’attività ha alcune implicazioni utili da considerare:

  • Continuità fiscale e temporale: la data di cessazione influisce sul periodo d’imposta di competenza. Anche se l’attività è cessata il 31 dicembre, il contribuente dovrà comunque adempiere per quell’anno fiscale. Per evitare oneri amministrativi per l’anno successivo, è utile programmare la cessazione in momenti strategici del calendario fiscale;
  • Costi amministrativi: benché la comunicazione di cessazione sia gratuita, vi sono costi accessori potenziali legati alla consulenza professionale o alla gestione di adempimenti collaterali (ad esempio cancellazioni presso enti e posizioni previdenziali).
  • Risorse umane e contratti: se l’attività impiegava dipendenti o collaboratori, è fondamentale gestire correttamente le uscite, liquidazioni e comunicazioni obbligatorie (ad esempio comunicazioni di cessazione contrattuale).

Ci sono i seguenti errori da non fare:

  • Mancata o tardiva comunicazione: se la cessazione non viene comunicata nei termini, il contribuente potrebbe incorrere in sanzioni (salvo che non intervenga la chiusura d’ufficio);
  • Trascurare l’integrazione con altri enti: dimenticare di chiudere posizioni INPS (Istituto Nazionale di Previdenza Sociale) o INAIL (Istituto Nazionale Assicurazione Infortuni Lavoro) può generare debiti o richieste non dovute in futuro;
  • Non considerare l’intero anno fiscale: la data di cessazione può influenzare la presentazione delle dichiarazioni e l’entità delle imposte dovute.