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Bancarotta

Rappresenta l’incapacità di un debitore di rimborsare il dovuto al proprio creditore provocandogli danni gravosi.

Il reato è stato delineato dal principio di fallimento (art. 216 e seguenti del Regio Decreto n. 267 del 16 marzo 1942).

Il fallimento è definito come una procedura concorsuale (prevede il concorso di tutti i creditori in posizione di parità, salvo cause di prelazione quali possono essere pegno o ipoteca) rivolta alla realizzazione coattiva (insieme di procedure attraverso cui un creditore, in mancanza di adempimento spontaneo da parte del debitore, ottiene quanto dovuto mediante l’intervento dell'autorità giudiziaria e l’esecuzione forzata) delle pretese creditorie che l’imprenditore commerciale non riesce più a soddisfare per il suo stato di insolvenza.

La bancarotta può essere:

  • semplice: cagionata da imprudenza;
  • fraudolenta: frode diretta ad aggravare l’insolvenza e a violare le legittime aspettative dei creditori;
  • documentale: si verifica per distruzione, sottrazione o falsificazione in tutto o in parte le scritture contabili con l’obbiettivo di recare danno ai creditori che saranno nell’impossibilità di individuare o accertare eventuali attività su cui soddisfare le proprie pretese;
  • impropria: si verifica quando i fatti descritti dagli art. 216 (fraudolenta) e art. 217 (semplice) della legge fallimentare sono compiuti da soggetti diversi dall’imprenditore;
  • postfallimentare: si verifica quando si sottrae, alla massa attiva destinata alla liquidazione, dei beni non quantificati dal giudice (nella sentenza dichiarativa);
  • preferenziale: lede principalmente la garanzia della totalità dei creditori (par condicio creditorum) perché si agevola un creditore con pregiudizio rispetto ad altri.

La bancarotta fraudolenta deriva da un’attività di dissimulazione delle proprie disponibilità economiche reali (quantità di beni e servizi che una persona, un’azienda o un’economia può effettivamente acquistare con il proprio reddito o patrimonio, tenendo conto dell’inflazione e del potere d'acquisto), oppure da un’attività di destabilizzazione del proprio patrimonio, diretta a realizzare una insolvenza (che deve essere dichiarata da una sentenza perché si possano configurare dei reati fallimentari), anche apparente, nei confronti dei creditori.

Il fallimento viene riconosciuto sempre da una sentenza dichiarativa a opera del tribunale del luogo dove ha la sede principale dell’attività insolvente.

La sentenza dichiarativa contiene anche la nomina del curatore fallimentare, incaricato di amministrare il patrimonio fallimentare procedendo alla liquidazione (vendita del patrimonio fallimentare) per ripartire, tra i creditori, l’attivo residuo.