Piano dei Conti nel Controllo di Gestione
Arrivato a questo punto, dovrebbe essere chiaro che per avere il Controllo di Gestione nella tua Attività, ti servirà un Bilancio Gestionale che lo alimenta (spesso lo troverai menzionato anche come Bilancio Riclassificato).
Ma cosa ti serve per avere un Bilancio Gestionale?
Per rispondere a questa domanda, dobbiamo prima capire da cosa è costituito un bilancio e per nostra fortuna è semplice.
Un bilancio è costituito da 4 aree: ricavi, costi, attività e passività suddivise in due macro aree: Conto Economico (che contiene ricavi e costi) e Stato Patrimoniale (che contiene attività e passività)
Vediamoli nel dettaglio
Ricavi
Rappresentano tutti i soldi che un’azienda guadagna dalla vendita dei suoi prodotti o servizi.
Ad esempio, se un negozio vende vestiti, i ricavi sono i soldi che il negozio riceve dai clienti che comprano quei vestiti.
Costi
Sono tutte le spese che un’azienda deve sostenere per poter funzionare e produrre i suoi prodotti o servizi.
Ad esempio, i costi per un negozio di vestiti possono includere l’affitto del locale, gli stipendi dei dipendenti, l’acquisto dei vestiti da rivendere, le bollette per luce e acqua, ecc.
Per il lavoro che andremo a fare più avanti, è molto importante che tu faccia tuo il concetto che non tutti i costi sono uguali: ci sono i Costi Variabili e ci sono i Costi Fissi.
Costi variabili
Un costo variabile è un costo che cambia in proporzione al livello di attività o produzione dell’azienda.
Sono costi variabili se aumentano all’aumentare della produzione o delle vendite.
Ad esempio:
- il costo dei materiali necessari per produrre un prodotto (ad esempio la farina per un panettiere) è un costo variabile;
- le provvigioni pagate ai venditori in base alle vendite effettuate sono costi variabili;
- i costi di spedizione dei prodotti ai clienti, che aumentano con l’aumento delle vendite sono costi variabili.
Costi fissi
Un costo fisso è un costo che rimane costante indipendentemente dal livello di attività o produzione dell’azienda.
Questi costi devono essere pagati anche quando l’azienda non produce o non vende nulla.
Ad esempio:
- il costo mensile del canone di locazione del negozio o dell’ufficio è un costo fisso;
- il salario pagato ai dipendenti che non varia con la quantità di lavoro prodotto è un costo fisso;
- il premio assicurativo annuale pagato per proteggere l’azienda contro vari rischi è un costo fisso.
A questo punto ho una domanda per te: “La bolletta della luce, che varia ogni mese di qualche euro, la considereresti un costo variabile o un costo fisso?”
Attenzione che la risposta è meno scontata di quanto potresti pensare.
Sicuramente il fatto che vari di pochi euro ogni mese non la classifica come costo variabile.
Ma allora come va considerata?
La risposta è: dipende.
- se la bolletta riguarda il consumo di un ufficio amministrativo andrà considerata un costo fisso;
- mentre se la bolletta riguarda un capannone utilizzato per la produzione, ad esempio un capannone che contiene i forni elettrici utilizzati per la cottura di ceramiche, allora quella bolletta andrà considerata come costo variabile perché legato all’intensità della produzione.
Attivi
Sono tutto ciò che l’azienda possiede e che ha un valore economico.
Questi possono essere beni materiali come macchinari, edifici, veicoli, o beni immateriali come brevetti e marchi.
Gli attivi rappresentano le risorse che l’azienda può usare per generare ricavi in futuro.
Ad esempio, un negozio di vestiti potrebbe avere come attivi il magazzino di vestiti, il negozio stesso, e i conti bancari con i soldi guadagnati.
Passivi
Rappresentano tutte le obbligazioni e i debiti che l’azienda deve adempiere e pagare.
Questo può includere prestiti bancari, fatture da pagare ai fornitori, tasse, ecc.
Ad esempio, se il negozio di vestiti ha preso un prestito dalla banca per ristrutturare il locale, quel prestito è un passivo.
Esempio
Immaginiamo un piccolo bar.
- Ricavi: i soldi che il bar guadagna vendendo caffè e bevande ai clienti;
- Costi: i soldi che il bar spende per comprare il caffè, il latte, lo zucchero, per pagare i dipendenti, per l’affitto del locale, e per le bollette;
- Attivi: le macchine del caffè, i mobili del bar, il denaro in cassa, e il magazzino di caffè e bevande;
- Passivi: il mutuo per l’acquisto del locale, le fatture non ancora pagate ai fornitori di caffè, e gli stipendi dei dipendenti che devono ancora essere pagati.
L’esempio, sopra citato, è uno dei più emblematici (un’attività soggetta a margini ridotti, flussi di cassa quotidiani e forte concorrenza) in quanto il “Controllo di gestione” è consigliato anche per quelle attività che tutti i giorni si devono affrontare le sfide di un mercato sempre più affollato ma è specialmente consigliato all’inizio di questa attività, ma in linea generale di tutte le attività nuove, per cogliere fin da subito le sue potenzialità del “Controllo di gestione”.
Chi apre, per l’appunto, un bar deve adempiere ai seguenti doveri amministrativi:
- apertura partita IVA (Agenzia delle Entrate) con la scelta del giusto, o giusti codici ATECO (ad esempio I.56.30.00 per bBar e altri esercizi simili senza cucina);
- iscrizione al Registro Imprese (Camera di Commercio);
- iscrizione INPS (Istituto Nazionale della Previdenza Sociale) e INAIL ((Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro)) per titolare e dipendenti;
- SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) presentata al SUAP (Sportello Unico Attività Produttive) del Comune dove apri il bar;
- autorizzazione sanitaria (ASL) per il rispetto norme igienico-sanitarie HACCP (Hazard Analysis and Critical Control Points);
- piano HACCP (Hazard Analysis and Critical Control Points) per l’analisi dei rischi e punti critici di controllo (obbligatorio per alimenti e bevande);
- autorizzazioni insegne esterne (richieste al Comune);
- licenza musica o TV (SIAE e SCF) se diffondi musica o TV nel locale.
Dopo che ha definito il progetto imprenditoriale:
- scelta del tipo di bar (ad esempio classico, wine bar, bar pasticceria e lounge bar);
- analisi di mercato: zona, concorrenza, target di clientela;
- business plan: previsioni di costi, ricavi, investimenti, personale e tempi di rientro.
Sei stato idoneo ai ‟requisiti morali e professionali” ossia non devi avere condanne per reati finanziari, alimentari o contro la pubblica amministrazione (art. 71, comma 6, lett. b del D.Lgs. 59/2010) e dimostrare di avere competenze nel settore alimentare e della somministrazione come frequentare e superare il corso SAB (Somministrazione Alimenti e Bevande) ossia l’ex REC (Registro Esercenti il Commercio) oppure aver lavorato almeno 2 anni negli ultimi 5 nel settore della ristorazione o somministrazione (in qualità di titolare, socio, collaboratore familiare o dipendente qualificato) oppure possedere un titolo di studio specifico (alberghiero o affine).
Aver scelto la forma giuridica per gli adempimenti normativi, fiscali e contabili:
- Ditta individuale;
- Società di persone (S.n.c. / S.a.s.);
- S.r.l. o S.r.l.s..
In altre parole: non è solo una questione “formale”, ma determina quali leggi si applicano, che responsabilità avrai, quali tasse pagherai e quali obblighi amministrativi dovrai seguire.
Parallelamente alla scelta del locale o di un eventuale subentro ad un’altra gestione.
Non voglio entrare nel merito dei costi perché darei cifre indicative che non sarebbero di aiuto ma ti faccio riflettere: dopo tutto questo non credi che i tuoi soldi, frutto del tuo lavoro, abbiamo il diritto e il dovere di lavorare per te nel modo giusto?